Dalle parti del Friuli di Andrea Passerelli

3 Gennaio 2025 Centro Studi Grandi Migrazioni Comments Off

Le radici dell’emigrazione friulana affondano nel XVI secolo con direttrici orientate verso i paesi di area germanica, l’est europeo (Ungheria, Romania) e le regioni dell’Italia settentrionale1. Al tempo, la zona maggiormente interessata era quella montana della Carnia, a nord della regione, da cui partivano “tessitori, artigiani, facchini, domestici e soprattutto merciai ambulanti, i cramârs”2. Nella seconda metà del Settecento, poi, il fenomeno coinvolge un’area più estesa del territorio e nella prima metà del secolo successivo si dirige per lo più verso le regioni maggiormente sviluppate dal punto di vista industriale: Lombardia e Veneto. Nel periodo 1880-1915 si registra il picco degli spostamenti migratori e le mete sono la Svizzera, l’Argentina e il Brasile, gli Stati Uniti e il Canada3.

La produzione di testi che fanno riferimento a tale fenomeno è legata al repertorio delle villotte ed ha un carattere sostanzialmente lirico e non narrativo, descrittivo o, ancora, rivendicativo riguardo alle condizioni dei migranti. Nel caso di “A cjante il gjal” è una voce maschile, la voce di chi parte, a farsi sentire e a salutare la ninine che rimane al paese. Così come nella famosa “Biel tornand da l’Ongiarie”: Biel tornand da l’Ongiarie / la viodei sul lavadôr. / Bandonai la compagnie / mi fermai a fa l’amôr. (Mentre me ne tornavo dall’Ungheria / l’ho vista sul lavatoio. / Ho lasciato la mia compagnia / mi son fermato a far l’amore. )4.

Spesso, però, è la donna che trova motivo per prendere la parola e lamentare la nostalgia per la lontananza del proprio uomo: Se jo fos une zizile / in Germanie voress lȃ / voress lȃ su l’armadure / là c’al è a lavorà. (Se io fossi una rondine / in Germania vorrei andare / andare sull’impalcatura / dove lui sta a lavorare.)5. O anche: Oh, no no plui in Gjarmanie / chel ninin no lȃsci lȃ, / son chȇs babis di todes’cis / no me l’lascin tornȃ cà6. (O no non più in Germania / quel tesoro non lo lascio andare, / ci sono quelle pettegole di tedesche / non me lo lasciano tornare a casa.). E ancora: Cui sa il gno moro / dulà c’al è / dulà c’al va (biat mai lu!). / Al è in Gjarmanie / a fȃ scudielis / a fȃ planèlis / a fȃ modòn / al è in Gjarmanie / a lavorà.7 (Chissà il mio moro / dov’è / dove va / (beato lui). / È in Germania / a fare scodelle / a fare pianelle / a fare mattoni. / È in Germania / a lavorare.). Accenti particolarmente dolorosi sono espressi in questo canto raccolto in Carnia, a Tualis: Al vaiva lu soreli / a viodeilu a partì: / jo ch’i soi, Jesu jo / la su murosa, Jesu jo, no lu àjo di vaì? / Velu là, velu là via, / chel c’al spaca il fazzolét! / Lui al fȃs, velu là, / par saludȃmi, velu là, / mandi, mandi, benedét!8 (Piangeva il sole / a vederlo partire / io che sono, povera me, la sua morosa, povera me / non lo devo piangere? / Eccolo là, eccolo laggiù / quello che scuote il fazzoletto! / Lui fa, eccolo là, / per salutarmi, eccolo là / mandi9, mandi, benedetto!).

Nel corso del Novecento diversi compositori friulani si sono impegnati nella creazione di canti corali che riprendessero nel testo la tematica della migrazione. Fra le composizioni spicca, per fama locale e diffusione nelle corali della regione, quella dal titolo esplicito “L’emigrant” del compositore di Pontebba (UD) Arturo Zardini (1869-1923), conosciuto anche a livello nazionale per “Stelutis alpinis” (una intensa meditazione che dà voce ad un soldato caduto nel corso della Grande Guerra).

 

Fonte delle immagini:

http://www.ammer-fvg.org/aspx/EnteFriuliMondo.aspx

 

1F. Bednarz, “L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione Svizzera”, in www.ammer-fvg.org

2G. Bertuzzi, “Storia dell’emigrazione regionale”, in www.ammer-fvg.org

3L’emigrazione regionale: un fenomeno antico, in www.regione.fvg

4In “Canzoniere Italiano. Antologia della poesia popolare”, Garzanti, 1992 a cura di P. P. Pasolini

5In A. V. Savona – M. L. Straniero, “Canti dell’emigrazione”, Garzanti, 1976, citato da A. Fior, “Villotte e canti del Friuli”, Milano, 1954.

6In A. V. Savona – M. L. Straniero, op. cit.

7In A. V. Savona – M. L. Straniero, op. cit.

8In A. V. Savona – M. L. Straniero, op. cit.

9Mandi è il tipico saluto friulano di commiato.