La Dolce vita è un periodo storico e culturale che dall’estero viene rappresentato come identitario e significativo per un’Italia del secondo dopoguerra, che cerca e vede nella quotidianità la possibilità di costruire un futuro economico, sociale e culturale nuovo fatto di speranza, libertà e nuova energia. Tale termine risulta poco realistico e assonante rispetto alla vita della maggior parte delle persone che vivono nelle regioni italiane e, in particolar modo nel territorio veneto, dove di dolce questa vita ha avuto ben poco a causa della povertà. In Veneto negli anni ’50 e ’60, le parole che spesso si ascoltavano più frequentemente nelle case erano quelle legate al lavoro, al sacrificio, alla sobrietà e alla recita del rosario, fino a quelle dei racconti delle ferite esteriori e quelle ancor più profonde nell’animo, lasciate dal primo e dal secondo conflitto mondiale.
Da quegli anni l’Italia ha subito una trasformazione continua e straordinaria, ma le parole più vere dei giovani diventati genitori o nonni, tra gli anni ’70 e ’90, sono quelle rimaste indelebili nei loro pensieri e ripetute con la stessa dovizia di dettagli ad ogni incontro e festività. Infatti, non solo ai nipoti e figli, ma anche ai parenti in visita dalla Mèrica, venivano raccontati avvenimenti di sofferenza, di penuria e di guerra, lasciando spesso tutti sorpresi e increduli. La cucina era l’ambiente centrale e intimo della casa: luogo dell’incontro, dell’accoglienza, della condivisione, dove pensare a progetti, sogni e aspirazioni, ma anche quello della malinconia, della commozione, della sorpresa e della lettura di lettere di un parente lontano, a volte mai più rivisto.
Il progetto di ricerca Dolce la vita! – Dal 1874 ad oggi diventa l’occasione per entrare simbolicamente nelle case della gente comune e scoprirne la quotidianità. Allo stesso tempo tale percorso vuole celebrare alcuni prodotti o elementi rappresentativi della trasformazione sociale ed economica che ha interessato il territorio nazionale e regionale, tra i quali si osserva la valenza storica e culturale del tabarro, sopravveste che si diffonde già dal medioevo per proteggere dalle intemperie, dalla nebbia e dal freddo mercanti o viaggiatori e dal Seicento anche nobili, che preferivano materiali pregiati e foderati. Nell’Ottocento e fino al secondo dopoguerra tale indumento viene usato anche dai contadini per la sua praticità, semplicità e versatilità, tanto che spesso serviva anche come un’ulteriore coperta durante i freddi inverni.
Dal colore scuro e dal taglio a ruota ha un solo punto di allacciamento sotto il mento e grazie alla sua stoffa di panno pesante ha accompagnato anche i migranti al di là dell’Oceano nelle Americhe. Oggi, utilizzato a ricordo delle tradizioni e dei legami famigliari, viene celebrato dalla Confraternita dei Nostalgici del Tabar di Sant’Antonio Abate che nasce a Concamarise (VR) per far conoscere i costumi e le usanze della vita contadina assieme al duro lavoro nei campi. Con questa sensibilità e attenzione si propone un viaggio alla scoperta di alcune tappe che hanno definito l’identità e il presente del territorio veneto e italiano.
1874
Le partenze
L’addio al paese natio, il viaggio, la traversata e la prima orma sulla terraferma nel nuovo paese di accoglienza descrivono le fasi di un’esperienza unica e condivisa da tutti i migranti di ogni tempo, rappresentata con la narrazione di alcune opere di Alfred Sisley e di Angiolo Tommasi.
1874-1910
La Belle Époque
In questa epoca d’oro in ambito socio-economico, artistico e culturale si osserva una quotidianità sospesa tra contesti di vita diversi e paralleli che si intrecciano tra le strade delle principali città e nuove metropoli. Questa trasformazione della società e della figura femminile viene ben definita nell’arte di Gustav Klimt.
1914-1918
La Prima Guerra Mondiale
Come descrivono Giuseppe Ungaretti e Emilio Lussu, gli scontri e le battaglie nel territorio italiano lasciano segni profondi con le sue trincee tra montagne, vallate e i fiumi del Nord Italia. Le gravi conseguenze economiche e sociali determinano la ripresa dei flussi migratori verso le Americhe da un’Europa da ricostruire e ridefinire politicamente, vista la caduta dei tre Imperi: russo, austro-ungarico e ottomano.
1919-1929
Dalla Grande Guerra alla crisi del ’29
Sottile è la linea che separa la quotidianità e la speranza di un mondo in ricostruzione dopo la Grande Guerra, inconsapevole del fato avverso che prospetta una nuova ombra, quella della Grande Depressione del 1929. Tale evento mette in crisi questa volta non solo il Vecchio Mondo ma anche l’America, rappresentata fedelmente dalla fotografia documentale di Dorothea Lange.
1930-1940
Dall’artigianato all’industria
Gli anni Trenta sono un periodo di consolidamento e di ridefinizione del sistema produttivo italiano che da un processo artigianale passa progressivamente a quello industriale di massa.
Tra le varie aziende che si sviluppano in questo periodo ricordiamo la Bialetti, che con la sua Moka Express diventerà simbolo dell’italianità nel mondo.
1940-1945
La Seconda Guerra Mondiale
Il Secondo Conflitto Mondiale genera delle ferite nella società, nella cultura, nella identità e nel cuore stesso della popolazione italiana, raccontate da autori come Salvatore Quasimodo e Primo Levi e ridefinisce il sistema economico mondiale, portando nuovamente a flussi migratori verso l’Europa, le Americhe e l’Australia. Tale processo si riduce solo grazie al boom economico degli anni Sessanta.
1950-1970
Un mondo in ricostruzione
I sogni e le ambizioni e soprattutto la speranza fanno nascere una nuova generazione di giovani che riporteranno l’Italia nel mondo, richiamando migranti nazionali e internazionali nelle fabbriche e imprese.
Tale periodo di rinnovamento porta al riconoscimento del Made in Italy assieme alle sue eccellenze imprenditoriali, come quelle di Moto Laverda.
2000-2024
Il nuovo Millennio
Un nuovo millennio porta con sé opportunità, nuove sfide e crisi, assieme all’anniversario di 150 anni della migrazione italiana in Mérica, in quanto il 21 febbraio 1874, sbarcarono a Vitòria, la capitale dello Stato di Espírito Santo in Brasile ben 388 migranti salpati a bordo del vapore Sofia, dal porto di Genova.
DOLCE LA VITA! Identità e tradizione delle comunità venete nel mondo
La Dolce vita è un periodo storico e culturale che dall’estero viene rappresentato come identitario e significativo per un’Italia del secondo dopoguerra, che cerca e vede nella quotidianità la possibilità di costruire un futuro economico, sociale e culturale nuovo fatto di speranza, libertà e nuova energia. Tale termine risulta poco realistico e assonante rispetto alla vita della maggior parte delle persone che vivono nelle regioni italiane e, in particolar modo nel territorio veneto, dove di dolce questa vita ha avuto ben poco a causa della povertà. In Veneto negli anni ’50 e ’60, le parole che spesso si ascoltavano più frequentemente nelle case erano quelle legate al lavoro, al sacrificio, alla sobrietà e alla recita del rosario, fino a quelle dei racconti delle ferite esteriori e quelle ancor più profonde nell’animo, lasciate dal primo e dal secondo conflitto mondiale.
Da quegli anni l’Italia ha subito una trasformazione continua e straordinaria, ma le parole più vere dei giovani diventati genitori o nonni, tra gli anni ’70 e ’90, sono quelle rimaste indelebili nei loro pensieri e ripetute con la stessa dovizia di dettagli ad ogni incontro e festività. Infatti, non solo ai nipoti e figli, ma anche ai parenti in visita dalla Mèrica, venivano raccontati avvenimenti di sofferenza, di penuria e di guerra, lasciando spesso tutti sorpresi e increduli. La cucina era l’ambiente centrale e intimo della casa: luogo dell’incontro, dell’accoglienza, della condivisione, dove pensare a progetti, sogni e aspirazioni, ma anche quello della malinconia, della commozione, della sorpresa e della lettura di lettere di un parente lontano, a volte mai più rivisto.
Il progetto di ricerca Dolce la vita! – Dal 1874 ad oggi diventa l’occasione per entrare simbolicamente nelle case della gente comune e scoprirne la quotidianità. Allo stesso tempo tale percorso vuole celebrare alcuni prodotti o elementi rappresentativi della trasformazione sociale ed economica che ha interessato il territorio nazionale e regionale, tra i quali si osserva la valenza storica e culturale del tabarro, sopravveste che si diffonde già dal medioevo per proteggere dalle intemperie, dalla nebbia e dal freddo mercanti o viaggiatori e dal Seicento anche nobili, che preferivano materiali pregiati e foderati. Nell’Ottocento e fino al secondo dopoguerra tale indumento viene usato anche dai contadini per la sua praticità, semplicità e versatilità, tanto che spesso serviva anche come un’ulteriore coperta durante i freddi inverni.
Dal colore scuro e dal taglio a ruota ha un solo punto di allacciamento sotto il mento e grazie alla sua stoffa di panno pesante ha accompagnato anche i migranti al di là dell’Oceano nelle Americhe. Oggi, utilizzato a ricordo delle tradizioni e dei legami famigliari, viene celebrato dalla Confraternita dei Nostalgici del Tabar di Sant’Antonio Abate che nasce a Concamarise (VR) per far conoscere i costumi e le usanze della vita contadina assieme al duro lavoro nei campi. Con questa sensibilità e attenzione si propone un viaggio alla scoperta di alcune tappe che hanno definito l’identità e il presente del territorio veneto e italiano.
1874
Le partenze
L’addio al paese natio, il viaggio, la traversata e la prima orma sulla terraferma nel nuovo paese di accoglienza descrivono le fasi di un’esperienza unica e condivisa da tutti i migranti di ogni tempo, rappresentata con la narrazione di alcune opere di Alfred Sisley e di Angiolo Tommasi.
1874-1910
La Belle Époque
In questa epoca d’oro in ambito socio-economico, artistico e culturale si osserva una quotidianità sospesa tra contesti di vita diversi e paralleli che si intrecciano tra le strade delle principali città e nuove metropoli. Questa trasformazione della società e della figura femminile viene ben definita nell’arte di Gustav Klimt.
1914-1918
La Prima Guerra Mondiale
Come descrivono Giuseppe Ungaretti e Emilio Lussu, gli scontri e le battaglie nel territorio italiano lasciano segni profondi con le sue trincee tra montagne, vallate e i fiumi del Nord Italia. Le gravi conseguenze economiche e sociali determinano la ripresa dei flussi migratori verso le Americhe da un’Europa da ricostruire e ridefinire politicamente, vista la caduta dei tre Imperi: russo, austro-ungarico e ottomano.
1919-1929
Dalla Grande Guerra alla crisi del ’29
Sottile è la linea che separa la quotidianità e la speranza di un mondo in ricostruzione dopo la Grande Guerra, inconsapevole del fato avverso che prospetta una nuova ombra, quella della Grande Depressione del 1929. Tale evento mette in crisi questa volta non solo il Vecchio Mondo ma anche l’America, rappresentata fedelmente dalla fotografia documentale di Dorothea Lange.
1930-1940
Dall’artigianato all’industria
Gli anni Trenta sono un periodo di consolidamento e di ridefinizione del sistema produttivo italiano che da un processo artigianale passa progressivamente a quello industriale di massa.
Tra le varie aziende che si sviluppano in questo periodo ricordiamo la Bialetti, che con la sua Moka Express diventerà simbolo dell’italianità nel mondo.
1940-1945
La Seconda Guerra Mondiale
Il Secondo Conflitto Mondiale genera delle ferite nella società, nella cultura, nella identità e nel cuore stesso della popolazione italiana, raccontate da autori come Salvatore Quasimodo e Primo Levi e ridefinisce il sistema economico mondiale, portando nuovamente a flussi migratori verso l’Europa, le Americhe e l’Australia. Tale processo si riduce solo grazie al boom economico degli anni Sessanta.
1950-1970
Un mondo in ricostruzione
I sogni e le ambizioni e soprattutto la speranza fanno nascere una nuova generazione di giovani che riporteranno l’Italia nel mondo, richiamando migranti nazionali e internazionali nelle fabbriche e imprese.
Tale periodo di rinnovamento porta al riconoscimento del Made in Italy assieme alle sue eccellenze imprenditoriali, come quelle di Moto Laverda.
2000-2024
Il nuovo Millennio
Un nuovo millennio porta con sé opportunità, nuove sfide e crisi, assieme all’anniversario di 150 anni della migrazione italiana in Mérica, in quanto il 21 febbraio 1874, sbarcarono a Vitòria, la capitale dello Stato di Espírito Santo in Brasile ben 388 migranti salpati a bordo del vapore Sofia, dal porto di Genova.
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