Parigi – Montparnasse: Gli anni folli di Chiara Convento

8 Settembre 2025 Centro Studi Grandi Migrazioni Comments Off

Quando ero ragazza, da studentessa, i miei viaggi avevano sempre e solo la stessa meta: Parigi. Il centro del mio mondo.

Per anni, poi, sono stata raminga, esplorando città, villaggi e campagna di una Francia altra, facendo scoperte storiche, artistiche, culinarie e linguistiche che mi avevano un po’ allontanata dalla capitale. Due anni fa, però, la svolta, ossia, il grande ritorno in veste di insegnante. 48 ore per rispondere sì o no al Ministero: Parigi – prendere o lasciare – La risposta? Ineluttabile! Ero partita da lì, dovevo ritornare lì! Il caso mi ha portata, anzi riportata nel quartiere di Montparnasse o Mont Parnasse – Monte Parnaso che, pur alludendo all’Antica Grecia, in realtà oggi ne è simbolo una Torre costruita nel 1969, la cui costruzione fu accordata dall’allora ministro della cultura, André Malraux sotto la presidenza di Georges Pompidou che voleva trasformare Parigi in una città più moderna, più nuova. Fortunatamente però, il progetto non ebbe seguito e la Parigi che ancora oggi possiamo ammirare, è quella romantica, ricostruita sotto il Secondo Impero di Napoleone III, dal barone Haussmann.

Appena giunta a Parigi, uscendo dalla metropolitana, notai il nome della fermata: “Montparnasse Bienvenüe”, una simpatica coincidenza, un cordiale saluto, pensai. Per i non linguisti dal Bienvenüe al bienvenue, c’è poca differenza, ma in realtà, sono solo due omofoni che non hanno niente in comune. Il primo corrisponde al nome della fermata dal cognome dell’ingegnere che concepì le prime linee della metropolitana, il secondo ha il significato di “benvenuto-a”.

Oggi in questo quartiere si trovano numerose creperie dai nomi bretoni. All’inizio ignoravo il motivo, ma più tardi scoprii che a cavallo tra XIX e XX secolo molti bretoni arrivarono in questa zona di Parigi come operai per costruire la metropolitana. E, ironia della sorte, la fermata della metropolitana che loro stessi costruirono, si chiama “Bienvenüe” e al contrario, allora, loro, i bretoni, non erano affatto considerati i “benvenuti”, come spesso la storia delle migrazioni ci insegna; questi provinciali erano considerati strani, diversi negli usi, nei costumi e perfino nella lingua.

Il quartiere di Montparnasse prende vigore dopo la Prima guerra mondiale, negli anni ’20 del Novecento. Scrittori e artisti francesi e internazionali scelgono questo quartiere. Dalla Rive Droite, dalla collina di Montmartre, che aveva visto il successo alla fine del XIX secolo, alla Rive Gauche. Lungo il Boulevard du Montparnasse si trovano famosi bistrots frequentati da grandi nomi dell’inizio del XX secolo. I locali quali, La Closerie des Lilas, La Rotonde, Le Dôme, La Coupole e Le Select hanno ospitato Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, James Joyce, Cocteau, Aragon, Breton, Picasso, George Gershwin, Apollinaire, Camus, Chagall, Simenon, Joséphine Baker, Man Ray e, in questo clima cosmopolita degli anni folli di Parigi e degli anni d’oro di Montparnasse, voglio ricordare il nostro connazionale Amedeo Modigliani, detto Modì.

L’artista italiano nasce a Livorno nel 1884 e dopo essersi formato artisticamente in Italia, si trasferisce a Parigi nel 1906, allora capitale europea delle avanguardie artistiche. Il suo atelier si trova nel quartiere Montparnasse, a pochi passi dai famosi locali frequentati dalla Parigi degli anni ‘20. Modigliani incarna l’artista maledetto, in francese “maudit” che rima con “Modì”, l’abbreviazione del suo cognome, come se portasse in sé il male di vivere. Attraversa periodi di depressione, fa uso di alcool e di droghe morendo alla giovane età di 35 anni senza aver conosciuto il successo della sua arte. Oggi lo si riconosce immediatamente per i suoi ritratti di donne dal collo lungo e dagli occhi a mandorla senza pupille. Si racconta che dicesse: “Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi”. I ritratti femminili sono della modella, musa ispiratrice, nonché sua compagna, Jeanne Hébuterne che si innamora perdutamente del latin lover italiano nonostante l’avversione dei genitori, dei piccoli borghesi che si opposero alla loro relazione, Amedeo aveva 14 anni più di Jeanne, ed era considerato dai genitori un povero artista fallito, diabolico e straniero. Niente impedirà a Jeanne di amarlo e di seguirlo, insieme avranno una figlia ed era incinta del secondogenito quando, venuta a conoscenza della morte di Amedeo, disperata, non regge al dolore e lo segue fino alla morte gettandosi dal quinto piano. I genitori all’inizio la fecero seppellire a Bagneux, lontana da quest’uomo che aveva stregato la figlia, solo dopo 10 anni, il padre ritorna sui suoi passi e decide di far riposare la figlia insieme al suo amato Amedeo, al cimitero monumentale di Père Lachaise.

È trascorso un secolo dalla Parigi folle degli anni ’20, ci sono arrivata 100 anni dopo, l’atmosfera è diversa, ma Parigi è sempre “una festa mobile” come diceva Hemingway e per me è un onore girovagare per le vie frequentate dai grandi intellettuali di quel tempo immersa nell’arte, ammirando bellezza.