Numeri, date, simboli, richiami della memoria collettiva e ricordi della memoria personale.
La Cité Universitaire di Parigi compie 100 anni. Fondata il 6 giugno 1925, è un grande Campus universitario nato tra le due guerre con lo scopo di costruire pace, di creare conoscenza e condivisione tra i giovani di diverse nazioni. In questo grande parco si trova anche un po’ d’Italia: La maison de l’Italie inaugurata il 25 gennaio 1958 da René Coty, allora presidente della Repubblica francese e Cesare Merzagora, presidente del Senato italiano.
La Maison de l’Italie ha visto la sua nascita ben più tardi rispetto al progetto iniziale per cause economico-sociali legate al contesto politico italiano tra le due guerre mondiali. L’iniziativa è partita dal Comité pour la maison italienne de l’étudiant à Paris creata nel 1951 e presieduta dal Senatore Enrico Falck e poi da Achille Marazza. A partire dal 1953, questo comitato ha potuto raccogliere gran parte dei fondi necessari alla costruzione grazie a donazioni generose sia da parte dello stato italiano che da fondi pubblici e privati come per esempio il Rotary Club italiano. Il progetto è stato realizzato da Piero Portaluppi, insigne architetto, membro del Rotary Club e preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Completamente rinnovata nel 1993 e poi restaurata nel 2010 la Maison ha ricevuto la visita di tre Presidenti della Repubblica italiana: Giovanni Gronchi nel 1956, Sandro Pertini nel 1982 e Giorgio Napolitano nel 2010, così come di numerosi uomini di stato e personalità italiane.
La Maison presenta elementi architettonici che arrivano direttamente dall’Italia, il portone principale proviene da una chiesa di Milano, le finestre a bifora da Sulmona, i frammenti di rovine antiche sotto la loggia e nel giardino evocano l’atmosfera degli ambienti romani. All’interno si possono ammirare un caminetto barocco proveniente da Mantova, un affresco di San Francesco e di San Cristoforo che si trovava nella chiesa di Santa Maria dei Servi di Milano e una guglia del duomo di Milano.
Tra le migliaia di studenti e studiosi che hanno fatta tappa alla Maison de l’Italie, ricordiamo Antonio Tabucchi, scrittore, traduttore di Fernando Pessoa, professore italiano e specialista della letteratura del vecchio continente. La Francia ha premiato il suo romanzo Notturno indiano del 1984 con il Prix Médicis.
Oggi la Cité Internationale e la Maison de l’Italie continuano ad essere un luogo in cui si costruiscono ponti tra i saperi, le culture e i popoli. I giovani di tutto il mondo sono invitati a ritrovarsi in questa città dentro la città per imparare, sognare e proiettarsi nel futuro condividendo un’offerta culturale ricchissima, come per esempio, manifestazioni, concerti, rappresentazioni teatrali, visite guidate, proiezioni di film, conferenze su temi artistici e letterari, corsi e spettacoli di danza.
1993 – 2023: 30 anni
“Cara Chiara, talvolta crediamo di aver nostalgia di un luogo lontano, mentre a rigore abbiamo soltanto nostalgia del tempo vissuto in quel luogo quando eravamo più giovani e freschi. Così il tempo ci inganna sotto la maschera dello spazio. Se facciamo il viaggio e andiamo là, ci accorgiamo dell’inganno…”
Un pensiero scritto da un amico, citando Schopenhauer, una dedica che rileggo riflettendo su queste parole che ora prendono maggiore forza, assumono un valore più attuale, più vero e, alla mia età, oggi, più comprensibile che al tempo in cui la ricevetti.
Dal 1993 al 2023 ero tornata a Parigi varie volte, ma non avevo più osato entrare nel parco della Città Universitaria. Mi chiedo perché. E mi rispondo con alcune domande. Paura di essere delusa? Paura di rompere l’incantesimo dei ricordi conservati nella mia memoria come in uno scrigno antico dove si ripongono oggetti preziosi?
Nell’agosto del 2023 con grande emozione, ho voluto correre questo rischio: rovinare i miei ricordi o riviverli.
Dovevo rifare il viaggio. Il viaggio nel tempo attraverso il luogo.
Ero a Parigi, presi dunque la RER B la linea blu, scesi alla stazione “Cité Universitaire” la fermata era la stessa, la riconobbi, uscii, attraversai il grande viale che era un po’ diverso, abbellito con maggiore vegetazione oltre ad una rete di tram che allora non esisteva. Entrai nel campus attraversando i grandi archi dell’entrata principale, ripercorsi i vialetti e misi alla prova la mia memoria. Avrei ritrovato la strada per giungere alla Maison HeinrichHeine senza sbagliare percorso? Sì, giunsi proprio davanti alla Maison tedesca che molti anni prima mi aveva ospitato perché la Maison italiana era chiusa per restauro. Una grande emozione mi salì dal profondo. Di quel mese di luglio di tanti anni prima non erano rimasti che il libro del corso di francese, il quaderno degli appunti, qualche foto e tanti ricordi fatti di flash delle lezioni in una classe multietnica, momenti di condivisione nei laboratori pomeridiani, visite guidate ai monumenti, il picnic nel giardino di fronte alla casa l’ultima sera per il saluto finale e una gita a Fontainebleau in auto con alcuni compagni di corso tedeschi, olandesi e svizzeri. Tutto rifiorì nella mia memoria prima di entrare.
In un momento di sospensione dalla realtà, mi rividi in quell’estate di 30 anni prima, prendere il treno di notte che percorreva Venezia-Parigi, dodici ore coricata, senza riuscire a dormire veramente, in una delle sei cuccette di un vagone-letto di seconda classe, il rumore del treno agli arrivi alle diverse stazioni, le luci che entravano attraverso la tendina, voci non ben definite alla dogana della frontiera. Ripensai poi al tragitto dalla Gare de Lyon alla Cité, sicuramente mezza assonnata, un po’ spettinata completamente struccata con un borsone sulle spalle arrivai alla reception della casa, dove, con il mio incerto francese, mi presentai e ricevetti le chiavi della mia stanza al 1° piano, la numero 106. Mi ripresi dal torpore dei miei pensieri e decisi di entrare, questa volta con il mio francese più sicuro, chiesi alla receptionist il permesso di scattare delle foto raccontando il motivo della mia visita. In portineria una giovane donna, sicuramente abituata a vedere studenti internazionali custodi delle storie più svariate ma, probabilmente catturata dalla mia gioiosa emozione e dal tono di voce con il quale mi rivolsi, mi sorrise e incuriosita osò chiedermi di più sulla mia esperienza alla Cité.
Non solo prati, alberi, viali o architetture, la Città internazionale è un mondo che ha la magia di offrire l’apertura e l’incontro di culture, di lingue, di storie di amicizia che possono durare un’estate, un corso universitario o una vita intera. È un percorso di crescita personale attraverso gli altri.
Ieri come oggi, la Cité immersa nella ville lumière continua a brillare accogliendo ogni anno 12mila studenti, artisti e ricercatori internazionali.
Ora che Parigi è la mia quotidianità, il tempo e lo spazio hanno tolto la loro maschera e si sono riavvicinati.
La Cité Universitaire di Parigi: un secolo di storia 1925 – 2025: 100 anni di Chiara Convento
Numeri, date, simboli, richiami della memoria collettiva e ricordi della memoria personale.
La Cité Universitaire di Parigi compie 100 anni. Fondata il 6 giugno 1925, è un grande Campus universitario nato tra le due guerre con lo scopo di costruire pace, di creare conoscenza e condivisione tra i giovani di diverse nazioni. In questo grande parco si trova anche un po’ d’Italia: La maison de l’Italie inaugurata il 25 gennaio 1958 da René Coty, allora presidente della Repubblica francese e Cesare Merzagora, presidente del Senato italiano.
La Maison de l’Italie ha visto la sua nascita ben più tardi rispetto al progetto iniziale per cause economico-sociali legate al contesto politico italiano tra le due guerre mondiali. L’iniziativa è partita dal Comité pour la maison italienne de l’étudiant à Paris creata nel 1951 e presieduta dal Senatore Enrico Falck e poi da Achille Marazza. A partire dal 1953, questo comitato ha potuto raccogliere gran parte dei fondi necessari alla costruzione grazie a donazioni generose sia da parte dello stato italiano che da fondi pubblici e privati come per esempio il Rotary Club italiano. Il progetto è stato realizzato da Piero Portaluppi, insigne architetto, membro del Rotary Club e preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Completamente rinnovata nel 1993 e poi restaurata nel 2010 la Maison ha ricevuto la visita di tre Presidenti della Repubblica italiana: Giovanni Gronchi nel 1956, Sandro Pertini nel 1982 e Giorgio Napolitano nel 2010, così come di numerosi uomini di stato e personalità italiane.
La Maison presenta elementi architettonici che arrivano direttamente dall’Italia, il portone principale proviene da una chiesa di Milano, le finestre a bifora da Sulmona, i frammenti di rovine antiche sotto la loggia e nel giardino evocano l’atmosfera degli ambienti romani. All’interno si possono ammirare un caminetto barocco proveniente da Mantova, un affresco di San Francesco e di San Cristoforo che si trovava nella chiesa di Santa Maria dei Servi di Milano e una guglia del duomo di Milano.
Tra le migliaia di studenti e studiosi che hanno fatta tappa alla Maison de l’Italie, ricordiamo Antonio Tabucchi, scrittore, traduttore di Fernando Pessoa, professore italiano e specialista della letteratura del vecchio continente. La Francia ha premiato il suo romanzo Notturno indiano del 1984 con il Prix Médicis.
Oggi la Cité Internationale e la Maison de l’Italie continuano ad essere un luogo in cui si costruiscono ponti tra i saperi, le culture e i popoli. I giovani di tutto il mondo sono invitati a ritrovarsi in questa città dentro la città per imparare, sognare e proiettarsi nel futuro condividendo un’offerta culturale ricchissima, come per esempio, manifestazioni, concerti, rappresentazioni teatrali, visite guidate, proiezioni di film, conferenze su temi artistici e letterari, corsi e spettacoli di danza.
1993 – 2023: 30 anni
“Cara Chiara, talvolta crediamo di aver nostalgia di un luogo lontano, mentre a rigore abbiamo soltanto nostalgia del tempo vissuto in quel luogo quando eravamo più giovani e freschi. Così il tempo ci inganna sotto la maschera dello spazio. Se facciamo il viaggio e andiamo là, ci accorgiamo dell’inganno…”
Un pensiero scritto da un amico, citando Schopenhauer, una dedica che rileggo riflettendo su queste parole che ora prendono maggiore forza, assumono un valore più attuale, più vero e, alla mia età, oggi, più comprensibile che al tempo in cui la ricevetti.
Dal 1993 al 2023 ero tornata a Parigi varie volte, ma non avevo più osato entrare nel parco della Città Universitaria. Mi chiedo perché. E mi rispondo con alcune domande. Paura di essere delusa? Paura di rompere l’incantesimo dei ricordi conservati nella mia memoria come in uno scrigno antico dove si ripongono oggetti preziosi?
Nell’agosto del 2023 con grande emozione, ho voluto correre questo rischio: rovinare i miei ricordi o riviverli.
Dovevo rifare il viaggio. Il viaggio nel tempo attraverso il luogo.
Ero a Parigi, presi dunque la RER B la linea blu, scesi alla stazione “Cité Universitaire” la fermata era la stessa, la riconobbi, uscii, attraversai il grande viale che era un po’ diverso, abbellito con maggiore vegetazione oltre ad una rete di tram che allora non esisteva. Entrai nel campus attraversando i grandi archi dell’entrata principale, ripercorsi i vialetti e misi alla prova la mia memoria. Avrei ritrovato la strada per giungere alla Maison Heinrich Heine senza sbagliare percorso? Sì, giunsi proprio davanti alla Maison tedesca che molti anni prima mi aveva ospitato perché la Maison italiana era chiusa per restauro. Una grande emozione mi salì dal profondo. Di quel mese di luglio di tanti anni prima non erano rimasti che il libro del corso di francese, il quaderno degli appunti, qualche foto e tanti ricordi fatti di flash delle lezioni in una classe multietnica, momenti di condivisione nei laboratori pomeridiani, visite guidate ai monumenti, il picnic nel giardino di fronte alla casa l’ultima sera per il saluto finale e una gita a Fontainebleau in auto con alcuni compagni di corso tedeschi, olandesi e svizzeri. Tutto rifiorì nella mia memoria prima di entrare.
In un momento di sospensione dalla realtà, mi rividi in quell’estate di 30 anni prima, prendere il treno di notte che percorreva Venezia-Parigi, dodici ore coricata, senza riuscire a dormire veramente, in una delle sei cuccette di un vagone-letto di seconda classe, il rumore del treno agli arrivi alle diverse stazioni, le luci che entravano attraverso la tendina, voci non ben definite alla dogana della frontiera. Ripensai poi al tragitto dalla Gare de Lyon alla Cité, sicuramente mezza assonnata, un po’ spettinata completamente struccata con un borsone sulle spalle arrivai alla reception della casa, dove, con il mio incerto francese, mi presentai e ricevetti le chiavi della mia stanza al 1° piano, la numero 106. Mi ripresi dal torpore dei miei pensieri e decisi di entrare, questa volta con il mio francese più sicuro, chiesi alla receptionist il permesso di scattare delle foto raccontando il motivo della mia visita. In portineria una giovane donna, sicuramente abituata a vedere studenti internazionali custodi delle storie più svariate ma, probabilmente catturata dalla mia gioiosa emozione e dal tono di voce con il quale mi rivolsi, mi sorrise e incuriosita osò chiedermi di più sulla mia esperienza alla Cité.
Non solo prati, alberi, viali o architetture, la Città internazionale è un mondo che ha la magia di offrire l’apertura e l’incontro di culture, di lingue, di storie di amicizia che possono durare un’estate, un corso universitario o una vita intera. È un percorso di crescita personale attraverso gli altri.
Ieri come oggi, la Cité immersa nella ville lumière continua a brillare accogliendo ogni anno 12mila studenti, artisti e ricercatori internazionali.
Ora che Parigi è la mia quotidianità, il tempo e lo spazio hanno tolto la loro maschera e si sono riavvicinati.
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