Michele Dalla Fontana si laurea, nel 2010, in Geografia, presso l’Università degli studi di Padova. Inizia poi la specializzazione in Pianificazione e politiche per il territorio all’Università Iuav di Venezia, un’interfacoltà tra il capoluogo veneto, Alghero e Girona, che completa nel 2013. Dopo aver vinto una borsa di ricerca Leonardo che lo porta per 6 mesi a Barcellona, inizia un percorso di dottorato, di nuovo, alla Iuav (2014-2018), trascorrendo anche 6 mesi a San Paolo del Brasile e 5 mesi a Wageningen, nei Paesi Bassi. Torna quindi a San Paolo dove, per altri tre anni, continua il suo percorso grazie a una borsa post-dottorato. Nel 2022 si trasferisce ad Amsterdam per proseguire le attività di ricercatore e docente universitario presso l’Università di Utrecht, prima, e di Wageningen, poi. Oggi vive a Indische Buurt, uno dei quartieri più multietnici della città. Di seguito ci racconta del perché ha scelto Amsterdam e di alcuni aspetti dolce-amari della vita da expat; da cui, in parte, nascono le sue foto.
Dopo tanti anni in Brasile, perché hai scelto di trasferirti ad Amsterdam?
Volevo rientrare in Europa per avvicinarmi alla mia famiglia e per trovare opportunità lavorative in ambiente universitario che in Brasile iniziavano a scarseggiare. Considerato il mio lavoro, Amsterdam era la soluzione ideale. Offre ottime opportunità, specialmente in ambito accademico, dove si lavora in inglese senza alcun problema. In Olanda, poi, c’è un ottimo sistema di supporto e incentivi per quelli che chiamano qualified migrants, cioè gli immigrati con una qualche forma di educazione superiore. Ad esempio, sgravi fiscali: non si applicano tasse sul 30% del lordo per i primi cinque anni di residenza. Più in generale, le autorità e le strutture sono preparate ad accogliere gli stranieri; a livello burocratico, linguistico, ecc. E poi sapevo che ad Amsterdam c’è una forte comunità internazionale, con gente da tutto il mondo.
Sei soddisfatto della tua scelta?
Da un punto di vista lavorativo sicuramente sì. E poi è una città molto vivace, ricchissima di eventi culturali. Sapere l’inglese è sufficiente per conoscere moltissima gente. La città è sempre più piena di stranieri… e vuota di olandesi; di veramente “olandese” resta poco. E trovare alloggio è sempre più difficile. Ci sono vari episodi di quelli che definirei “atti intimidatori e violenti”, legati soprattutto ad attività di gruppi criminali coinvolti nel traffico di droga… Non è una città poi così pacifica. E a dispetto di quella che è la narrazione, i crimini li compie un po’ chiunque, olandesi e non olandesi.
Anche Amsterdam sta cambiando atteggiamento nei confronti degli stranieri?
Sì, non è più così accogliente verso i “nuovi migranti”. Come è la tendenza mondiale… E, alla fine della fiera, tutto sommato anche la barriera linguistica resta un ostacolo. Conosci molte persone ma nella migliore delle ipotesi ti crei una “bolla” di amici internazionali. Per il resto, soprattutto nei contesti locali, ti senti sempre un turista, un ospite…
E però ami molto fotografare la città? Perché?
Sono un solitario di natura, tendo a non andare in cerca di nuove amicizie, né a vivere la movida della città. Però qualcosa di buono ci devo pur trovare… e allora esco a fare foto, è il mio modo di vivere la città e di trovare il bello che istintivamente non cerco.
Hai sempre avuto la passione per la fotografia? E cosa cerchi esattamente nelle foto che fai?
È una passione nata durante la triennale a Padova. Poi l’ho abbandonata e ripresa in mano proprio qui ad Amsterdam, in realtà inizialmente per lavoro… Per un progetto di ricerca che dovevo portare avanti in Portogallo. Qui fotografo soprattutto il mio quartiere, ma non solo. Fotografo le architetture, le persone e i momenti del quotidiano. Cerco molto i contrasti, di luce e di significati. La luce, quando c’è, qui ad Amsterdam è spettacolare, arancione.
Perché dici “quando c’è”? La luce…
Perché in generale il meteo qui in Olanda fa abbastanza schifo. Bello da maggio a settembre, per il resto…! E anche il cibo è orribile!
Non potevo immaginare aspettative diverse da parte di un italiano. A proposito… com’è la comunità italiana ad Amsterdam?
Viva e vitale, anche se io non la frequento molto. Frequento più quella brasiliana, che è ancora più grande.
Ti senti meno italiano dopo aver passato così tanti anni all’estero?
No, al contrario. Dopo aver visto come funzionano diversi altri paesi apprezzo molto di più quello che c’è in Italia; e non parlo solo di cibo e clima… ma anche del Sistema sanitario pubblico, ad esempio! In Brasile mi sentivo più a casa; clima, cibo, lingua e cultura aiutavano molto. Qui in Olanda mi sento decisamente un ospite. E l’assicurazione sanitaria costa parecchio.
Pensi rientrerai mai in Italia?
Non lo escludo, né lo cerco necessariamente… E, comunque, dopo tre anni nello stesso posto mi stufo. Del tornare in Italia mi fa paura soprattutto la mancanza di un equilibrio tra vita e lavoro. Che invece qui ad Amsterdam è molto rispettato.
Consiglieresti, oggi, a un giovane, o meno giovane, di trasferirsi ad Amsterdam?
Sicuramente sì se in questo momento della sua vita cerca soddisfazioni lavorative, e vuole mettere via qualche soldo. Ancora di più se è estroverso. Ma, onestamente, è possibile che diverse persone a un certo punto se ne vogliano andare. Soprattutto se meteoropatici, introversi e affezionati al buon cibo.
Fotografie in galleria: le fotografie di questo articolo sono state scattate ad Amsterdam nel 2025 e sono di proprietà dell’intervistato.
Amsterdam: foto di expat. Intervista a Michele Dalla Fontana di Giorgia Riuzzi
Michele Dalla Fontana si laurea, nel 2010, in Geografia, presso l’Università degli studi di Padova. Inizia poi la specializzazione in Pianificazione e politiche per il territorio all’Università Iuav di Venezia, un’interfacoltà tra il capoluogo veneto, Alghero e Girona, che completa nel 2013. Dopo aver vinto una borsa di ricerca Leonardo che lo porta per 6 mesi a Barcellona, inizia un percorso di dottorato, di nuovo, alla Iuav (2014-2018), trascorrendo anche 6 mesi a San Paolo del Brasile e 5 mesi a Wageningen, nei Paesi Bassi. Torna quindi a San Paolo dove, per altri tre anni, continua il suo percorso grazie a una borsa post-dottorato. Nel 2022 si trasferisce ad Amsterdam per proseguire le attività di ricercatore e docente universitario presso l’Università di Utrecht, prima, e di Wageningen, poi. Oggi vive a Indische Buurt, uno dei quartieri più multietnici della città. Di seguito ci racconta del perché ha scelto Amsterdam e di alcuni aspetti dolce-amari della vita da expat; da cui, in parte, nascono le sue foto.
Dopo tanti anni in Brasile, perché hai scelto di trasferirti ad Amsterdam?
Volevo rientrare in Europa per avvicinarmi alla mia famiglia e per trovare opportunità lavorative in ambiente universitario che in Brasile iniziavano a scarseggiare. Considerato il mio lavoro, Amsterdam era la soluzione ideale. Offre ottime opportunità, specialmente in ambito accademico, dove si lavora in inglese senza alcun problema. In Olanda, poi, c’è un ottimo sistema di supporto e incentivi per quelli che chiamano qualified migrants, cioè gli immigrati con una qualche forma di educazione superiore. Ad esempio, sgravi fiscali: non si applicano tasse sul 30% del lordo per i primi cinque anni di residenza. Più in generale, le autorità e le strutture sono preparate ad accogliere gli stranieri; a livello burocratico, linguistico, ecc. E poi sapevo che ad Amsterdam c’è una forte comunità internazionale, con gente da tutto il mondo.
Sei soddisfatto della tua scelta?
Da un punto di vista lavorativo sicuramente sì. E poi è una città molto vivace, ricchissima di eventi culturali. Sapere l’inglese è sufficiente per conoscere moltissima gente. La città è sempre più piena di stranieri… e vuota di olandesi; di veramente “olandese” resta poco. E trovare alloggio è sempre più difficile. Ci sono vari episodi di quelli che definirei “atti intimidatori e violenti”, legati soprattutto ad attività di gruppi criminali coinvolti nel traffico di droga… Non è una città poi così pacifica. E a dispetto di quella che è la narrazione, i crimini li compie un po’ chiunque, olandesi e non olandesi.
Anche Amsterdam sta cambiando atteggiamento nei confronti degli stranieri?
Sì, non è più così accogliente verso i “nuovi migranti”. Come è la tendenza mondiale… E, alla fine della fiera, tutto sommato anche la barriera linguistica resta un ostacolo. Conosci molte persone ma nella migliore delle ipotesi ti crei una “bolla” di amici internazionali. Per il resto, soprattutto nei contesti locali, ti senti sempre un turista, un ospite…
E però ami molto fotografare la città? Perché?
Sono un solitario di natura, tendo a non andare in cerca di nuove amicizie, né a vivere la movida della città. Però qualcosa di buono ci devo pur trovare… e allora esco a fare foto, è il mio modo di vivere la città e di trovare il bello che istintivamente non cerco.
Hai sempre avuto la passione per la fotografia? E cosa cerchi esattamente nelle foto che fai?
È una passione nata durante la triennale a Padova. Poi l’ho abbandonata e ripresa in mano proprio qui ad Amsterdam, in realtà inizialmente per lavoro… Per un progetto di ricerca che dovevo portare avanti in Portogallo. Qui fotografo soprattutto il mio quartiere, ma non solo. Fotografo le architetture, le persone e i momenti del quotidiano. Cerco molto i contrasti, di luce e di significati. La luce, quando c’è, qui ad Amsterdam è spettacolare, arancione.
Perché dici “quando c’è”? La luce…
Perché in generale il meteo qui in Olanda fa abbastanza schifo. Bello da maggio a settembre, per il resto…! E anche il cibo è orribile!
Non potevo immaginare aspettative diverse da parte di un italiano. A proposito… com’è la comunità italiana ad Amsterdam?
Viva e vitale, anche se io non la frequento molto. Frequento più quella brasiliana, che è ancora più grande.
Ti senti meno italiano dopo aver passato così tanti anni all’estero?
No, al contrario. Dopo aver visto come funzionano diversi altri paesi apprezzo molto di più quello che c’è in Italia; e non parlo solo di cibo e clima… ma anche del Sistema sanitario pubblico, ad esempio! In Brasile mi sentivo più a casa; clima, cibo, lingua e cultura aiutavano molto. Qui in Olanda mi sento decisamente un ospite. E l’assicurazione sanitaria costa parecchio.
Pensi rientrerai mai in Italia?
Non lo escludo, né lo cerco necessariamente… E, comunque, dopo tre anni nello stesso posto mi stufo. Del tornare in Italia mi fa paura soprattutto la mancanza di un equilibrio tra vita e lavoro. Che invece qui ad Amsterdam è molto rispettato.
Consiglieresti, oggi, a un giovane, o meno giovane, di trasferirsi ad Amsterdam?
Sicuramente sì se in questo momento della sua vita cerca soddisfazioni lavorative, e vuole mettere via qualche soldo. Ancora di più se è estroverso. Ma, onestamente, è possibile che diverse persone a un certo punto se ne vogliano andare. Soprattutto se meteoropatici, introversi e affezionati al buon cibo.
Fotografie in galleria: le fotografie di questo articolo sono state scattate ad Amsterdam nel 2025 e sono di proprietà dell’intervistato.
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